Dabbawalla - seconda parte.

Conosciamo ora come nasce l'idea di Dabbawalla, ristorante ayurvedico a Berlino

"Capita a volte che la cucina ayurvedica venga confusa con quella indiana, cosa ne pensi Jessica?"

"Senza dubbio l’āyurveda nasce in India ed il Tali è un piatto indiano, oltre alle verdure tipiche della zona, utilizziamo spezie europee, limitando l’uso di quelle indiane al solo scopo digestivo, evitando di dare un gusto tipicamente indiano al piatto. Sicuramente un indiano troverà il nostro Tali molto leggero.
Molte volte come piatti ayurvedici vengono proposti cibi esotici complessi, ma questo crea solo confusione nelle persone, che pensano che per creare un piatto ayurvedico si debbano usare 20 spezie, questo è sbagliato, si può creare un buon piatto con sole tre spezie, se usate bene e secondo le necessità.
In āyurveda ciò che fa bene a me non è sempre adatto anche a te, quindi non è sempre uguale per tutti, alla fine ognuno adatta l’alimentazione alla propria costituzione.
Noi prepariamo il piatto in questo modo, altri in un’altro, ma la regola principale è combinare i sei gusti e di conseguenza comprendere tutti e 5 gli elementi in ogni portata, in quantità diverse e a seconda delle proprie necessità personali.
Secondo la teoria dei 6 gusti o rasa si cerca di apportare tutti elementi utili a nutrire il corpo, composto esso stesso dai 5 elementi o panchamahabhuta, variarne le qualità a seconda della costituzione personale è la regola principale.
Il nostro Tali è pensato per essere bilanciato nei gusti, adatto quindi a tutte le persone."

"I vostri clienti conoscono l’āyurveda o sono semplicemente dei curiosi attirati dal nome o dal locale?"

"La nostra attività è relativamente giovane, abbiamo aperto lo scorso marzo, per ora potrei dire che è un misto di curiosi attirati prima di tutto dal menù vegetariano, ma molti sono operatori del settore del benessere, altri sono interessati all’āyurveda ed allo Yoga.
Alcuni per motivi di salute ricercano una cucina semplice e salutare a volte spinti dal proprio medico.
Sicuramente ci sono molti curiosi, che provano e che ritornano apprezzando la semplicità e la genuinità del cibo.
Direi che è un bel mix."

"Trovi che sia difficile incontrare persone che seguono l’āyurveda?"

"No, in Germania l’āyurveda è molto diffuso, come anche lo Yoga, quindi la gente è interessata e curiosa. 
Ne testimonia il mensile intitolato “Ayurveda Journal” che crea un’ottima rete per la divulgazione dell’āyurveda e nell’edizione di luglio 2015 c’eravamo anche noi."

"Siamo giunti all’ultima domanda, potresti dire qualcosa sulla scelta del nome?"

"Con Dennis ci è piaciuto il nome Dabbawalla attraverso il film “Lunchbox”, i Dabbawalla sono dei corrieri che consegnano i pasti specialmente nella città di Mumbai.
Allo scopo si utilizzano dei contenitori metallici divisi in vari strati in cui si dividono nei diversi contenitori i vari componenti del piatto, come riso, verdure e Dhal per esempio, in modo che chi consumerà il pasto non troverà tutto mischiato.
Con questa idea a Berlino si è creato The Tiffin Project,
con il quale collaboriamo, un progetto di crowdfunding per raccogliere fondi allo scopo di limitare i rifiuti prodotti con le consegne a domicilio, sostituendo la plastica con contenitori in acciaio, riutilizzabili."

Salutiamo Jessica e riprendiamo la scoperta gastronomica di Berlino.


Dabbawalla - prima parte.

Berlino, Luglio 2015.

Girare per questa città offre piacevoli scoperte specialmente nell’universo culinario, dalla classica cucina europea agli hamburger targati USA, dalle baklava e la cucina medio orientale alla cucina coreana, fino alle ultime tendenze come i locali vegan e vegetariani.
Di queste novità scopro la cucina ayurvedica, presente in ben tre locali.
In Germania l’āyurveda è molto diffusa ed attiva, lo conferma la presenza di un mensile dedicatovi, “Ayurveda journal”, e la presenza dell’accademia europea di āyurveda.

Mi organizzo per far visita ad una coppia di amici e colgo l’occasione di contattare una delle realtà culinarie ayurvediche presenti nella capitale tedesca, il Dabbawalla, nel quartiere di Schoneberg, ultimo nato tra i ristoranti ayurvedici.
Nel pomeriggio di una splendida giornata, guidato da Andrea, amico d’infanzia, gastronomo ed amante della cucina orientale, attraversiamo Berlino lungo le varie piste ciclabili per raggiungere la zona sud-ovest della città.

Il Dabbawalla è una delicatessen, una gastronomia con posti a sedere e un angolo adibito all'acquisto di prodotti ayurvedici.
Ci accoglie Jessica, assieme a Dennis gestisce il locale, ed approfittando del sole, ci sediamo ai tavoli all’esterno, la posizione è ottima e la strada non trafficata ci permette di parlare senza fastidi.

"Ciao Jessica, ci puoi spiegare come nasce l’idea di un ristorante ayurvedico?"

"Nasce dalla nostra volontà di offrire una tipologia di cibo che rispecchiasse ciò che noi stessi vorremmo mangiare giornalmente.
Per cucinare si deve aver tempo e se non ne hai qualcuno deve farlo per te, da qui nasce l’idea della gastronomia ayurvedica.
Inoltre io sono cuoca e consulente nutrizionista, mentre Dennis ha conosciuto l’āyurveda in famiglia, quindi queste sono le basi ideali per dar vita al progetto."

"Quali sono le vostre specialità e come si compone il menù?"

"Il piatto principale è la nostra versione del Tali, piatto indiano a portata unica, dove in un piatto rotondo si servono per esempio dei legumi, delle verdure, un chutney ed un cereale, creando un piatto completo.
L’idea nasce dalla necessità di dedicarsi al meglio ad un piatto che sia facile da preparare per noi, ma che allo stesso tempo sia di facile digeribilità per i nostri clienti, specialmente per coloro che ci visitano a pranzo. 
Chi ha mezz’ora di pausa ha la necessità di un piatto pronto in pochi minuti e che allo stesso tempo non appesantisca durante la seconda parte della giornata.
Volevamo anche evitare la confusione nelle persone, con troppi piatti complicati.
Inoltre prepariamo anche un’insalata ed una zuppa del giorno, oltre al Lassi e al Chai."

Andrea da esperto del settore le chiede: "E’ perfetto anche dal punto di vista organizzativo, limitando il materiale da gestire e mantenendo una qualità migliore degli alimenti.

"Concordo, inizialmente volevamo proporre più pietanze, ma alla fine la scelta è caduta sul Tali, puntando sulla qualità in una sola portata, forse il resto arriverà con il tempo."

A: "Iniziare in modo semplice per poi crescere quindi."

"Si, anche perché dobbiamo gestire la preparazione giorno per giorno.
Al mattino prepariamo per il servizio del pranzo per poi essere pronti a servire velocemente chi deve andare al lavoro, mentre nel pomeriggio ci dedichiamo al servizio serale e alla preparazione per il giorno successivo.

"Cosa rende il vostro Tali, un Tali ayurvedico?"

"Seguendo i principi dell’āyurveda il Tali viene preparato tenendo conto dei Rasa o gusti(1), che devono essere bilanciati all’interno del piatto, questo per permettere che tutti i nutrienti siano presenti per nutrire al meglio il corpo.
Nella filosofia ayurvedica il corpo è composto dai Panchamahabhuta o 5 elementi(2), presenti in ogni cosa e di conseguenza negli alimenti, il nostro compito è metterli insieme rendendoli digeribili.
La composizione del Tali quindi cambia giornalmente, variando i legumi come ceci, lenticchie o fagioli. Cereali come riso, quinoa o cous cous.
Mentre le verdure variano di stagione in stagione, servendo quello che c’è a disposizione, evitando piatti tipicamente esotici, a volte proponiamo il mango per esempio, ma ci concentriamo prevalentemente su verdure stagionali

A: "I vostri prodotti arrivano dal Brandeburgo?"

"Si, ci affidiamo a dei distributori di prodotti biologici ed uno di questi produce in queste zone."


Note:
1- Rasa o gusto: Iāyurveda si definiscono 6 gusti: Madhura-dolce, amla-acido, lavana-salato, katu-pungente, tikta-amaro, kashaya-astringente.

2- Panchamahabhuta o 5 elementi: Prithvi-terra, Jala-acqua, Tejas-fuoco, Vaju-aria e Akash-etere. Divisi in tre dosha(umori del corpo) che ne rispecchiano le qualità e le caratteristiche, questi sono Kapha, che rispecchia gli elementi Prithvi e Jala, Pitta che esprime le qualità di Tejas e in parte minore di Jala, ed infine Vata che rivela Vaju ed Akash.

Ayurvedico per karma, dr. Narayan Nambi, seconda parte.


"Buon giorno dr. Nambi e grazie per la sua disponibilità.
Come le spiegavo, l’idea del blog, nasce da quei strani percorsi che la vita ci riserva e che porta noi occidentali ad incontrare l’āyurveda, ma di fronte a lei devo cambiare il titolo in Ayurvedico per Karma.
Quindi cosa significa nascere vaidya āyurveda(1)?"


"Uno degli scopi del nascere vaidya āyurveda è di servire la società attraverso i paradigmi della salute, aiutando le persone a livelli diversi.
Quando latman(2) prende un corpo ricerca quello ideale attraverso il quale si può realizzare, questo è karma(3).
Secondo me il karma ha diverse tipologie:
- una fisica
- una mentale
- una che si sviluppa in relazione alle prime due.
Lo scopo ultimo del vaidya è di aiutare la persona a guarire dai suoi problemi di salute, in relazione con la persona e la società.
Il vaidya ideale possiede 3 abilità:
  • La prima è l’essere insegnante, dopo che egli stesso ha concluso il proprio percorso formativo insegnerà ai propri discepoli, questo gli permetterà di incontrare le proprie aspettative mondane.
  • La seconda è acarya(4), dove prova e sperimenta nella propria esperienza di vita ciò che viene detto negli Sastra(5). Ciò significa che egli intende fare il proprio acarya, incorporando i principi dell’āyurveda nello stile di vita, divenendo un modello per le generazioni successive.
  • Infine nel terzo livello egli si trasformerà lentamente in un guru o maestro(6) così che egli stesso innalzerà le persone dal loro piano verso piani più alti.
Queste sono le tre cose importanti per cui un vaidya è nato.

"Un importante e non facile percorso di vita, con un obiettivo non semplice da raggiungere."

"Nei testi ayurvedici, come la Charaka Samhita(7) per esempio, la posizione del vaidya è più o meno uguale o superiore a quella del Re.
Questo perché se il Re morisse ci sono vari membri della famiglia che possono ricoprirne il ruolo, mentre nel momento della perdita del vaidya non si perde solo la persona ma tutta la sua conoscenza e per portare un giovane vaidya a quel livello serve molto tempo.
Quindi nei testi si chiede di aver sempre cura del vaidya."

"Pensando agli occidentali, cosa pensa sia necessario per chi inizia ad interessarsi all’āyurveda?"

"Una delle cose principali nelle società occidentali è la perdita della saggezza della natura.
Per esempio in Italia, il 70% della popolazione vive in città dove ha poco contatto con la natura.
Ma se supponiamo che tu voglia avere un vero contatto con la natura, devi prima di tutto conoscerne le leggi. Questo avveniva nel passato attraverso la tradizione popolare delle diverse culture.
In occidente si hanno delle tradizioni ma di queste si sono perse le radici.
Invece l’āyurveda è una tradizione vivente che può essere presa come strumento da alcune culture nel mondo per il risveglio delle proprie tradizioni e delle proprie abilità, ridefinendo e ricreando le proprie stesse tradizioni."
"Parlando di lei, qual è l’argomento in āyurveda che più le interessa, che più sente vicino al suo pensiero?"
"Nella mia vita, nascere in una famiglia molto antica è stato di vitale importanza, dove viene praticato l’āyurveda tradizionalmente da generazioni.
Quindi per me è molto importante mantenere le mie tradizioni intatte e queste devono essere aggiornate nel tempo.
Riadattare secondo il tempo e lo spazio attuale la più antica conoscenza dei miei avi, è il vero obiettivo che ho avuto sin dall’infanzia.
Il tempo e lo spazio continuano a cambiare e questa tradizione ha bisogno di essere riadattata."
"Per terminare le chiedo un consiglio che possiamo mettere in pratica giornalmente per vivere l’āyurveda?"
"Per me essere più ayurvedico significa cercare di capire la natura attraverso gli strumenti che l’āyurveda ci offre.
L’importante è cercare di comprendere, potrei dire, cercare di trovare il proprio dharma(8).
Questo è il mio messaggio.
È difficile spiegare il significato di dharma in poche frasi, per chiarire:
  • il karma è l’azione
  • mentre il dharma è l’azione con uno scopo.
Quindi ognuno di noi deve trovare qual’è il proprio dharma: Perché sono qui? Quali sono il mio dovere e la mia responsabilità di vita?
Identificare il dharma non è molto difficile, ci sono le possibilità per trovarlo, quindi seguiamolo. È molto importante!".

Note:
1 - Vaidya āyurveda: Sapiente, colui che ha ricevuto la conoscenza. Il termine vaidya, che deriva dalla radice vid “conoscere”, significa “conoscitore” o “persona di conoscenza”. In questo caso: conoscitore dell'āyurveda.
2 - Atman: Letteralmente anima, spirito, essenza ma anche respiro, soffio.
3 - Karma: Azione. Se utilizzato come sostantivo denota l'azione: karma-yoga o pancha-karma. Mentre nella religione e filosofia denota il frutto delle azioni compiute dall'essere vivente.
4 - Acarya: Maestro, colui che attraverso l'esperienza e l'esempio trasmette e guida verso la conoscenza.
5 - Sastra: Libro o trattato. In questo caso si riferisce ai testi di āyurveda.
6 - Guru: Maestro, persona di rispetto. Letteralmente guru significa anche pesante, come pesante è la conoscenza che porta con sé.
7 - Charaka Samhita: E' una composizione di testi scritta attorno al 400-200 A.C. Viene definito uno dei testi più antichi e uno dei più importanti tra i testi ayurvedici. 
8 - Dharma: Legge, dottrina, virtù, merito religioso, natura, peculiarità. Sono considerate dharma tutte le pratiche spirituali, discipline, rituali e azioni virtuose.

Dr. Narayanan Nambi. Prima parte.

Le opportunità accadono e normalmente in momenti inaspettati, per questo a volte si rischia di perderle, penso sia una delle regole della vita.

A me capita il 2 Giugno al mattino, quando un sms mi avvisa che posso incontrare via web il dr Narayanan Nambi.

Il week end del 30-31 Maggio teneva una conferenza presso l'Ayurvedic Point a Milano, dal titolo: "Interpretazione dei sogni in Ayurveda".
Per motivi di lavoro non ho potuto seguire il seminario, ma il desiderio di farlo partecipe del mio progetto era forte.
Grazie al Dr Antonio Morandi e Carmen Tosto, responsabili di Ayurvedic  Point, riesco ad incontrarlo per alcuni minuti via Skype.

Personalmente ho conosciuto il dr. Nambi presso l'Hotel Caesius Termae a Bardolino, e durante un seminario a Milano presso l'Ayurvedic Point. 

Di lui mi ha sempre colpito la sua intelligenza e l'abilità nell'insegnare, di rispettare la capacità altrui di comprendere, rendendo facili concetti complessi.


Quindi chi è il dr. Nambi? Chi vado ad incontrare?

Di seguito riporto il curriculum presente in Ayurvedic Point, dove il dr. Nambi collabora.

"Diretto successore di una delle otto grandi Famiglie Asthavaidyan (medici tradizionali) del Kerala. Ha ricevuto un’educazione in āyurveda sia di tipo tradizionale che accademica.
Il dr. Nambi, nonostante la giovane età, è una delle massime autorità internazionali in Medicina ayurvedica con particolare riferimento all’impiego del pañcakarma (1) nelle malattie del Sistema Nervoso.
Per la sua grande capacità didattica e comunicativa, oltre alla normale attività di insegnamento, è regolarmente chiamato in qualità di ospite ed esperto nei programmi divulgativi di āyurveda in diverse reti televisive indiane.
Il dr. Ashtavaidyan A.N.Narayan Nambi MD (Ay) MRAP è Direttore della Divisione Ricerca ed Educazione dell’Istituto Ashtavaidyan Trichur Thaikatmooss' SNA Oushadhasala Pvt. Ltd.

E’ Segretario della Sotto Commissione Servizi Clinici Consiglio per la Cooperazione internazionale del Sistema di Medicina Indiana Dipartimento dell'AYUSH Ministero della Salute Governo dell'India.
E’ Professore Associato presso il Viśnu Āyurveda College, Shornur, Kerala - India. E’ membro del Corpo Docente della Scuola di Medicina Ayurvedica “Ayurvedic Point”, Milano e dell’European Institute of Vedic Studies, Sauve, Francia.Autore di numerose pubblicazioni ed articoli, tiene regolari Seminari di approfondimento sull’ Āyurveda in Europa."


Note:

1-pañcakarma: Letteralmente le 5 (pancha) azioni (karma), in āyurveda si definiscono le 5 terapie principali per la purificazione. Queste sono: vamana - vomito terapeutico, virechana - utilizzo dei lassativi, vasti o basti - clistere evacuativo con decotti o oli medicati, nasya - utilizzo di medicamenti nelle narici, rakta moksha - il salasso.

Pulire la lingua = Jihva Nirlekana

Dopo l'incontro con Swami Joythimayananda si intuisce quanto sia importante l'esperienza e la pratica per comprendere l'āyurveda. Per questo, quando incontro chi lo pratica, mi viene naturale chiedere dei semplici consigli per poter essere "ayurvedici" giornalmente.

Il mio consiglio è alla base della pulizia del corpo, con un effetto profondo sulla digestione e sui sensi.
Definito in sanscrito come Jihva Nirlekana, grattare la lingua, consiste nell'usare il pulilingua o nettalingua, una mezzaluna normalmente in acciaio, ma disponibile in altri metalli come il rame, dello spessore di pochi millimetri con alle estremità delle impugnature di vari materiali.

Jihwa Prakshalana fà parte delle pulizie giornaliere comprese nel Dinacharya (1), la routine giornaliera, che comprende varie tecniche di pulizia dei sensi, permettendoci di comprendere nel modo più giusto gli stimoli del mondo esterno (2).

L'azione è di rimuove la pellicola di colore bianco-giallastro che riveste la superficie della lingua. Questa contiene tossine e batteri accumulatisi durante la notte, che possono essere causa sia dell'alitosi sia di difficoltà digestive (3).

Usarlo è molto semplice, al mattino quando ci si alza, prima di bere o mangiare, si passa il nettalingua nella parte superiore della lingua, dall'interno verso l'esterno per 7-8 volte, con pressione media, notando una poltiglia biancastra che si accumulerà, raggiungendo lo scopo della pulizia stessa.

Si consiglia all'inizio di non andare troppo verso la radice della lingua, in modo da acquisire un po' di pratica, che ci permetterà nel tempo di pulirla completamente. divenendo un esercizio e risultando piacevole, donando un senso del gusto più chiaro e la bocca più fresca.


L'importanza della lingua non si riscontra solo in 
āyurveda, l'esame della lingua è prassi comune in molte medicine, definendo la lingua un libro aperto sulla condizione fisica del paziente.

Quindi, secondo l'
āyurveda questo trattamento esprime i seguenti Guna (4):
rūkā (secco), laghu (leggero), cala (mobile), tiksna (nitido).

Di conseguenza gli effetti saranno:
- limitato accumulo di Ama (5). 
- stimolazione di Agni (6).
- pulizia di bodhaka kapha (7). 
- chiarezza del senso del gusto.

Buona pratica ed esperienza a tutti.

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(1) La routine giornaliera è un ampio discorso che comprende non solo la pulizia del corpo e dei sensi, ma anche le azioni da compiere (come mangiare o dormire per esempio) e i momenti più adeguati durante il giorno.
(2) Il tema dei sensi è legato da un lato alla capacità di comprendere il mondo esterno, questi sono le porte della nostra mente per comprenderlo, dall'altro sono espressione dei 5 elementi e quindi dei Dosha (vata, pitta, kapha) che compongono il nostro corpo.
(3) L'attenzione alla capacità digestiva è un tema importante in 
āyurveda, per questo viene data molta attenzione al tema dell'alimentazione e della digestione.
(4) Qualità: si basa su due concetti: il simile accresce il simile ed gli opposti si compensano. Per questo per ottenere la rimozione di una sostanza umida si usa qualcosa di secco, etc...
(5) Ama: tradotto in " non digerito", come prodotto di una cattiva digestione, quindi tossico per il corpo.
(6) Agni: "il fuoco digestivo", rappresenta la capacità di digerire i nutrienti, definisce gli enzimi digestivi e la loro forza digestiva.
(7) Bodhaka kapha: è uno dei sub-dosha di Kapha, risiede nella bocca e governa il gusto e la lubrificazione della bocca.

Swami Joythimayananda, seconda parte: l'incontro.

Non lo nego, sono titubante nel disturbare il Maestro per un blog che, per ora, e' più un'idea che una realtà. Aspetto che le persone che lo circondano si allontanino e Swami rimanga solo per un attimo dopo la conferenza.
Nel frattempo penso al mio primo incontro con il Maestro. Avevo conosciuto Swami attraverso alcuni suoi libri. Personalmente lo vidi a Milano nel 2009 durante una conferenza all'interno del I° congresso internazionale di 
āyurveda, una giornata di conferenze tenute da medici ed esperti provenienti da tutto il mondo. La semplicità di Swami mi colpì.
Deciso a conoscerlo, nel 2009 mi si presentò l'occasione di passare una settimana nel suo Ashram a Corinaldo, nelle colline marchigiane, per un seminario residenziale di Abhyangam (1). Vivere le giornate con la presenza costante del Maestro e' stato indimenticabile e ora nel ritrovarlo mi sembra di tornare a quei giorni.
Ma chi è quest'uomo vestito di bianco, con gli occhi vivaci che attendo di incontrare?
Swami, Acharya e Vaidya, termini sanscriti che determinano il percorso di vita e personale. In ordine Swami significa “Maestro di se stesso”, riferito a chi ha compiuto un percorso evolutivo, utilizzato in ambito religioso e monastico. Acharya è il Maestro, colui che attraverso l'esperienza e l'esempio trasmette e guida verso la conoscenza. In fine Vaidya (2) è il sapiente ayurvedico, colui che nasce in una famiglia di tradizione ayurvedica e quindi fin da bambino viene introdotto ai saperi, alla medicina ed ai valori della tradizione.
Nato nel 1941, di origine indiana nasce nello Sri Lanka. Dopo il percorso in famiglia nel '60 inizia il suo percorso di ricerca, come mendicante e asceta viaggia per 10 anni in tutta l'India, praticando e apprendendo i principi di entrambe le discipline.
Nel 1985, costretto dalla guerra a lasciare il suo paese, si trasferisce a Genova con la famiglia. Fonda il primo “Centro Joytinat” a cui ne seguiranno altri distribuiti in tutta Italia, Spagna, Svizzera e Francia .
Tra una conferenza e l'altra continua il suo impegno nell'Ashram di Corinaldo (AN), dove mantiene vivo il suo messaggio, luogo che consiglio a tutti di visitare.
Finalmente è arrivato il momento, ci provo, gli spiego la mia idea e con un sorriso mi invita a spostarci perché c'è troppo rumore. Ci sediamo in disparte, accetta che possa registrare la conversazione ed inizio:

“Il mio blog si chiama "Ayurvedico per caso", per l'incontro casuale come occidentale con l'
āyurveda, per lei com'è stata la formazione?”

Sorridendo risponde: “ Non è stato un approccio, sono cresciuto con l'
āyurveda, era in famiglia, io non ho imparato. In famiglia fin dai 2-3 anni mi hanno cresciuto, vedendo cosa facevano. Vaidya definisce appunto l'educazione familiare nell'āyurveda.”

Pongo un quesito che mi preme: “E' da molto tempo che insegna 
āyurveda agli Europei, non solo in Italia, ha visto delle differenze o un'evoluzione di coscienza negli Europei che praticano āyurveda o che si avvicinano ad essa?”

Pensa un secondo e risponde: “ Si ho capito, ma vedo che molti quando si avvicinano non conoscono l'
āyurveda, ne i suoi principi, ne la disciplina
Una parte è stanca della medicina allopatica, avvicinandosi all'āyurveda come una scappatoia, provando qualcos'altro.
Alcuni, raramente, conoscono bene la disciplina e decidono di seguirne i dettami, ma rimane importante seguire lo stile di vita, come detto prima nella conferenza.
Molti si avvicinano solo per curare i problemi, ma non seguono completamente lo stile di vita perché li spaventa, il che significa che non hanno la consapevolezza del significato dell'
āyurveda, diviene solo una scappatoia.
Coloro che hanno coscienza e decidono di seguirne lo stile di vita, quindi non vedendo solo il lato medico dell'
āyurveda, decidono di seguirne i dettami completamente.
Quindi noi incontriamo 2 gruppi di persone, uno con una propria coscienza, in cui l'interesse è quello di seguire lo stile di vita proposto. 
L'altro, la maggior parte, lo prende come una scappatoia, si dicono: "Visto che non ho altre soluzioni, provo anche questo." Ma questi non sono pronti a seguire la disciplina.”

Mi viene spontaneo chiedergli se non derivi dalla comodità del nostro mondo:

“ Si per comodità, bisogna che escano dalla comodità. Ma anche l'Ego, perché quando vedono che una cosa è buona e funziona, noto che vogliono diventare subito degli insegnanti. Mentre c'è qualcosa in più, come il seguire la disciplina, ma qui l'Ego vuole prendere subito la mano. L'
āyurveda necessita anni e anni di studi, tutta la vita per comprenderne i concetti.
 Quindi non è giusto imparare velocemente, questo potrebbe creare danno sia alla persona che alla società." 

Gli chiedo quale potrebbe essere il percorso giusto, per un occidentale, per poter apprendere al meglio l'Ayurveda:

Il percorso dev'essere il più profondo e lento possibile, non con la volontà del tutto e subito. 
Pian piano devono uscire i concetti, non utilizzando scappatoie, l'āyurveda è una disciplina e dice di affrontare la vita in modo difficile, non affrontando la vita facilmente, un punto da capire veramente.
Inoltre l'
āyurveda si basa sul principio di Yama e Niyama (3), quindi cosa evitare e cosa seguire, senza scappatoie, concetti sconosciuti anche da alcuni praticanti di Yoga. Sono concetti importanti, è come costruire una casa senza fondamenta, prima o poi questa crollerà”.

Termino chiedendogli un piccolo consiglio, un'abitudine, per poter seguire giornalmente l'
āyurveda, ricordandogli che durante il corso, presso il suo Ashram, disse che non si pratica āyurveda se non ci si pulisce la lingua.

Sorridendo mi risponde: “Bisogna imparare che in ogni episodio, qualsiasi esso sia durante il giorno, devo essere soddisfatto e sentirmi felice di ciò che accade
Nell'arco della giornata accadono molte cose, in qualche modo devo trovare della positività in ogni cosa. Non negatività, positività sempre, forse sarà un po' nascosta, ma la devo cercare comunque”.
Sono passati 5 minuti, il Maestro deve andare e lo ringrazio del tempo donatomi.

Ripassando gli appunti, ascoltando la registrazione e scrivendo il post mi chiedo a quale gruppo di persone appartengo, alla mia comodità e a ciò che è vantaggio o svantaggio per me.

Lascio anche a voi questi quesiti, grazie per l'attenzione.

Per avere informazioni su Swami Joythimayananda.

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(1) Abhyangam: Massaggio dell'intero corpo con olii caldi medicati.

(2) Vaidya: Sapiente, colui che ha ricevuto la conoscenza. Il termine vaidya, che deriva dalla radice vid “conoscere”, significa “conoscitore” o “persona di conoscenza”.
(3) Yama e Niyama: Yama: astinenza o autocontrollo. Niyama: rispetto delle regole di condotta. Sono i primi due stadi di otto, nello Yoga.