Bharata Natyam, la danza dei templi Tamil, con Daniela Riva. Prima parte.

 «La danza è una delle forme più perfette di comunicazione con l’intelligenza infinita.»

(Paulo Coelho)


Comunicare attraverso la danza è una caratteristica di tutti i popoli, accade da millenni, permettendo, attraverso lo sviluppo di codici ben definiti, la rappresentazione della cultura di una società e le emozioni dell’essere umano.

Nata presso i templi del Tamil Nadu, Bharata Natyam è una danza classica indiana, esempio di espressione dei riti devozionali e veicolo per comunicare la storia di un popolo.


Alla scoperta di questa forma di danza, ci guida
Daniela Riva, insegnante di danza e yoga, formatasi presso 
Kalakshetra Foundation of Fine Arts di Chennai in India; Daniela in questi anni si è rivelata un ponte tra la cultura indiana e l’Occidente.

Nata a Milano, Daniela ora vive in California, dove insegna quest’arte. Il nostro punto di incontro è avvenuto nelle Marche in Italia nel 2008 durante un training di āyurveda presso l’ashram di Joytinat.

In questa chiacchierata attraverso danza, āyurveda e yoga scopriamo una via per rivelare noi stessi.


Quindi Daniela, cos’è la Bharata Natyam?


La danza sacra indiana è un’espressione del divino: nata nei templi come rituale per onorare le divinità, questo stile di danza classica invita al ringraziamento alla madre terra, parla dell’energia śakti, racconta di Durgā e di altre dee, spiega i simboli tradizionali della cultura indiana, come per esempio il Triśūla, ovvero il tridente di Shiva; questa danza rappresenta una cultura millenaria che, attraverso i movimenti del corpo e le espressioni del viso, si trasmette da secoli.

La Bharata Natyam si fonda sul ritmo dei passi (adavu), sui gesti delle mani (mudra), sui movimenti della testa e degli occhi (shiro e drishti bheda) e sul movimento di collo e piedi (greeva e padha bedha): seguendo la musica, si narrano storie mitologiche e si trasmettono emozioni che arrivano allo spettatore.

La danza classica indiana non solo racconta i testi come il Mahābhārata, Rāmāyaṇa, Gita Govinda, etc., ma anche permette al danzatore di diventare un canale di connessione divina e di comunicare sentimenti (bhava) con il pubblico. Il danzatore diventa dunque un veicolo di espressione del sapere antico.


Esprimersi attraverso una danza ed una cultura così lontana, cosa implica?



Aver studiato danza indiana per me significa aver studiato tutto della cultura dell’India: l’invocazione del mattino, la connessione con me stessa, il sanscrito per comprendere il significato dei mantra, lo studio i testi classici, il simbolismo delle  divinità, la musica, etc.

Scoprire la cultura indiana mi ha permesso di danzarla. Non solo: la danza indiana è diventata il mio stile di vita.


Questo legame tra vita e danza in che modo si esprime? C’è qualche coreografia che ti sta particolarmente a cuore?


Nel mio intenso e lungo training di danza indiana in India è spesso capitato che la mia maestra indiana scegliesse di insegnarmi un item con sentimenti e contenuti legati ad un percorso di crescita sia artistica sia personale.

Ti faccio un esempio: ad un certo punto imparai una coreografia sulla nascita della dea Meenakshi, custodita nel tempio di Madurai, in Tamil Nadu. Questo kirtanam (danza devozionale) ha rappresentato per me la prima invocazione ad una divinità femminile. La mia insegnante mi propose questa danza proprio nel momento in cui stavo maturando la direzione alla scoperta di me stessa e del sacro femminile.

Bhaktipedia

Un altro esempio è quando appresi un Ashtapadhi (ovvero una danza tratta dal testo “Gita Govinda” di Jayadeva) che narra la storia tra Kṛṣṇa e Rādhā. In questa coreografia, Rādhā si sta preparando per accogliere Kṛṣṇa: la danza rappresenta l’attesa dell’amore, sia terreno sia cosmico.

Ricordo con dolcezza quel periodo, fase in cui stavo maturando il significato profondo dell’amore. In un Ashtapadhi, la danzatrice guida lo spettatore in un climax di sentimenti. L’arte di comunicare coi mudra si definisce abhinaya. In questo caso, la danzatrice esprime uno dei sentimenti più nobili: l’ Amore.


Nella danza indiana stai rappresentando una cultura, che va oltre alla danza, i colori dei vestiti ed alla musica: nella tua esperienza da insegnante e danzatrice, come viene percepita quest’arte in occidente?


E’ importante trasmettere questa conoscenza in modo puro, ma ovviamente è necessario renderla accessibile.

Questo non è solo il mio lavoro, ma è anche diventato il mio dharma(1).

La mia linea guida è quella di restare il più fedele possibile alla tradizione indiana e al linguaggio secolare della danza indiana, cercando inoltre delle vie per renderla accessibile e soprattutto esaltare il valore sacro. Per esempio, a volte proietto la traduzione dei testi o immagini durante uno spettacolo. Oppure danzo in templi o in centri di yoga, laddove i contenuti sacri sono profondamente compresi...

Durante l’insegnamento questo passaggio è essenziale: c’è un grande desiderio e bisogno di capire e di apprendere questi preziosi contenuti dell’Oriente.

Per me significa ancorarsi nella tradizione indiana e renderla accessibile ad un ampio pubblico accompagno pazientemente gli studenti a comprendere i diversi contenuti.


Com’è stato entrare da occidentale all’interno di una scuola di danza indiana?


Inizialmente è stato difficile. Oltre al gap linguistico del dialetto Tamil, mediato attraverso l’inglese, l’adattamento è stato un graduale processo di scoperta di una cultura e stile di vita molto diversi da quelli a cui ero abituata.


Ho dovuto per esempio imparare a vestirmi con il sari, che è un tessuto lungo circa 5-6 metri, usato sia  per le lezioni di danza sia per la vita in India.

L’inizio del mio training risale a circa vent’anni fa, quando il turismo in India non era molto sviluppato: nella mia scuola di danza ero quasi l’unica occidentale. Mi sono sentita molto osservata all’inizio, ma sempre rispettata e protetta. Ho imparato a rispettare e amare gli usi e costumi dell’India, cosa che mi ha permesso lentamente di integrarmi.

Essere una danzatrice con la missione di imparare l’arte indiana è stato inoltre un ‘via-pass’ per la  mia integrazione nella vita in India. In maniera diversa rispetto alla cultura occidentale, in India la danza è molto amata: la danza è una delle carriere di prestigio, perché rappresenta la cultura, la spiritualità, uno stile di vita.

Questo mi ha spronato e aiutato a continuare.

Sicuramente è stato un graduale processo d’integrazione, ma penso di essermi immersa positivamente nel grande fiume della realtà indiana, anche grazie al supporto delle mie maestre e maestri, guide esemplari  in questo grande processo di trasformazione.



… continua ...


Leggi anche:

- Swami Joythimayananda "L'Ayurveda nella vita quotidiana", la conferenza, prima parte.

- Swami Joythimayananda, seconda parte: l'incontro.

- Ayurvedico per karma, dr. Narayan Nambi

Note:

1: Dharma: Legge, dottrina, virtù, merito religioso, natura, peculiarità. Sono considerate Dharma tutte le pratiche spirituali, discipline, rituali e azioni virtuose.